Nata nel corso dell’Ottocento, la resurrezione della birra artigianale IPA si deve alla reinessance birraria americana, agli inizi del 1980. Negli Stati Uniti, alcuni giovani microbirrifici della West Coast hanno riportato alla luce lo stile delle Pale Ale, poiché lo trovarono particolarmente adatto ad esaltare i luppoli coltivati in quella regione. Da quel momento le IPA sono tornate alla ribalta e stanno vivendo una diffusione e un successo notevole.
Birre IPA inglesi e American IPA
Se le versioni inglesi virano verso un colore ramato scuro, note caramellate e qualche tostatura, le American IPA sono in genere dorate o leggermente ambrate e con note di miele.
Se gli aromi del luppolo inglese sono più terrosi, erbacei e pepati, quelli americani esaltano l’agrumato, il resinoso e il tropicale.
La birra IPA nel mondo
Nel Pacifico, in paesi come Australia, Nuova Zelanda e Giappone, lo stile è divenuto piuttosto popolare, andando ad esaltare le varietà locali. In queste zone la birra IPA si spinge verso note tropicali, di uva spina, cocco e frutti a polpa gialla.
In Europa continentale invece ha riscosso un notevole successo nei birrifici del nord, dove oltre a diverse interpretazioni si ritrovano versioni filo-americane eccessivamente amare e poco equilibrate.
La birra IPA in Italia
A causa della mancanza di varietà di luppolo nazionali, le birre artigianali IPA italiane si discostano un po’ troppo dalla ricetta birra India Pale Ale originale, in quanto sono piuttosto acerbe, più corpose, poco secche e con note caramellate e biscottate.
Esistono tuttavia ottimi esempi, come la Spaceman di Brewfist, versione che sconfina nelle Double IPA con una notevole dose di luppoli agrumati e tropicali, la Zona Cesarini di Toccalmatto o la Pacific IPA ramata.
Per le versioni tradizionali del Regno Unito si cita la Meantime IPA, la Lincoln Green con la Sheriff IPA o la Duet di Alpine.